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Comunità energetiche rinnovabili: le novità del decreto PNRR3

Tutti in attesa di sapere se l’UE confermerà le novità previste dal decreto del Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica per l’attuazione delle comunità energetiche. Nel frattempo, il decreto legge cd. PNRR 3, entrato in vigore il 26 febbraio scorso, introduce semplificazioni per l’installazione di impianti rinnovabili, e in particolare riserva alcune misure di semplificazione alle nuove forme di condivisione energetica.

Il DL prevede, ad esempio, che fino 31 dicembre 2025 i comuni sotto i 5mila abitanti, cui è rivolto l’Investimento 1.2 della M2C2 del PNRR (Promozione rinnovabili per le comunità energetiche) in prossima uscita, possono affidare in concessione aree o superfici nelle proprie disponibilità per la realizzazione di impianti, al fine di soddisfare i fabbisogni energetici delle comunità (art. 47, commi 4 e 5), anche attraverso dei bandi e avvisi-tipo adottati dall’Anac.

Il tutto dovrà svolgersi, ovviamente, nel rispetto dei principi di concorrenza, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, parità di trattamento e non discriminazione. Gli enti locali dovranno definire, attraverso gli appositi bandi pubblici, le aree o superfici che intendono dare in concessione, oltre alla durata minima e massima della stessa e l’importo del canone richiesto.

Aree idonee

In merito all’identificazione delle aree idonee all’installazione di impianti rinnovabili, il nuovo decreto riduce la fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela da 7 a 3 chilometri per le turbine eoliche, e da 1 chilometro a 500 metri per gli impianti fotovoltaici (art. 47, comma 1a). E stabilisce che, in mancata adozione da parte delle Regioni della legge sulle aree idonee, l’idoneità venga riconosciuta automaticamente a tutte quelle zone in cui sono già installati impianti “della stessa fonte” e tutte quelle individuate dal decreto di recepimento della RED II. Inoltre, prevede espressamente che, nei procedimenti autorizzatori, resta ferma la competenza del Ministero della cultura a esprimersi in relazione ai soli progetti localizzati in aree sottoposte a tutela.

Rimanendo in tema di impianti rinnovabili, il DL etichetta come “liberamente installabili” gli impianti fotovoltaici realizzati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale, commerciale, in discariche chiuse o in cave esaurite. In tali casi, l’intervento viene considerato attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata all’acquisizione di permessi e autorizzazioni, a meno che tali zone non siano sottoposte a vincolo paesaggistico (art. 47, comma 1). In quest’ultimo caso, l’installazione dell’impianto dovrà obbligatoriamente essere preceduta da una segnalazione alla soprintendenza competente. L’autorizzazione della soprintendenza sarà rilasciata entro 150 giorni, a conclusione di un procedimento unico, che comprenderà anche il provvedimento di valutazione d’impatto ambientale (VIA) (art. 47, comma 3).

CER di imprese agricole

E ancora. Il decreto semplificazioni prevede che quelle comunità energetiche, i cui poteri di controllo siano esercitati esclusivamente da piccole e  medie imprese agricole, possano accedere agli incentivi per la condivisione dell’energia previsti dal decreto di recepimento della RED II, il D.Lgs. n. 199 del 2021. Questa misura apre le porte anche all’energia prodotta da impianti agrivoltaici e di potenza superiori a 1 MW per la quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo non connesse sotto la stessa cabina primaria (art. 47, comma 10).

La misura interessa qualsiasi impresa agricola, in forma individuale o societaria, anche per il  tramite delle loro organizzazioni di categoria, cooperative o consorzi. Le stesse disposizioni si applicano anche alle altre configurazioni di autoconsumo diffuso realizzate da cooperative o imprenditori agricoli e da imprese agroindustriali (art. 47, comma 11).

Gli impianti fotovoltaici in aree agricole dovranno essere inderogabilmente previsti fuori dalle aree protette o appartenenti alla Rete Natura 2000. I pannelli dovranno essere posti sopra le piantagioni ad altezza di almeno due metri dal suolo, senza fondazioni in cemento e facilmente amovibili, in effettiva compatibilità con le coltivazioni agricole (art. 49, comma 3).

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